A FIRENZE CON VASCO PRATOLINI
Baci, spari e altre forme d'amore
Giulio Perrone Editore, 2023
Pag. 107
Il viaggio nei luoghi di Vasco Pratolini passa attraverso le suggestive vie di Firenze, provando a recuperare voci e suoni degli antichi mestieri che ne animavano le strade.
Mettendo in scena in presa diretta la Firenze della prima metà del Novecento, Valerio Aiolli con questo volume narra il cuore nero, pubblico e privato, del carattere italiano. L'occasione per farlo sono i libri e i luoghi dello scrittore fiorentino, profondo e popolare, di cui si tracciano le coordinate spazio temporali a partire dalle sue pagine: i bar, le locande, i volti e gli echi lontani di quelle atmosfere. Tra baci, spari e altre forme d'amore.
Un omaggio a quella guida sentimentale di Firenze che Pratolini aveva in mente e che non scrisse mai, ma anche un modo per ripercorrere il filo sottile che lega eventi personali e mutamenti collettivi.
Valerio Aiolli racchiude la città in questo libro che è un dialogo a due voci, tra passato e presente, riportando alla luce lo spirito verace di un luogo che, seppur segnato dal tempo, conserva ancora le tracce e i fantasmi dello scrittore partito da via de' Magazzini.
Comincia così:
Viene a trovarmi di notte, di solito. La notte lui scriveva, io dormo. Mi guarda con quell'aria diretta, scontrosa, ironica. Appassionata anche, ma di uno che la passione la tiene ben nascosta dentro. "Ma icché ttu ffai" sembra dirmi. Che, per un fiorentino, è già una mezza sentenza. E allora io comincio a mettere su tutto un discorso, un ragionamento sensato che nelle mie intenzioni dovrebbe spiegare, argomentare, convincere. Ma le parole rimangono inafferrabili, bolle di un calderone che si formano e subito evaporano, e quanto più mi sforzo per farle venir fuori tanto meno quelle arrivano. Lui si allontana, scuotendo lievemente il capo. E io rimango lì, ormai sveglio, a domandarmi "icché fo": cosa diavolo sto facendo.
Baci, spari e altre forme d'amore
Giulio Perrone Editore, 2023
Pag. 107
Il viaggio nei luoghi di Vasco Pratolini passa attraverso le suggestive vie di Firenze, provando a recuperare voci e suoni degli antichi mestieri che ne animavano le strade.
Mettendo in scena in presa diretta la Firenze della prima metà del Novecento, Valerio Aiolli con questo volume narra il cuore nero, pubblico e privato, del carattere italiano. L'occasione per farlo sono i libri e i luoghi dello scrittore fiorentino, profondo e popolare, di cui si tracciano le coordinate spazio temporali a partire dalle sue pagine: i bar, le locande, i volti e gli echi lontani di quelle atmosfere. Tra baci, spari e altre forme d'amore.
Un omaggio a quella guida sentimentale di Firenze che Pratolini aveva in mente e che non scrisse mai, ma anche un modo per ripercorrere il filo sottile che lega eventi personali e mutamenti collettivi.
Valerio Aiolli racchiude la città in questo libro che è un dialogo a due voci, tra passato e presente, riportando alla luce lo spirito verace di un luogo che, seppur segnato dal tempo, conserva ancora le tracce e i fantasmi dello scrittore partito da via de' Magazzini.
Comincia così:
Viene a trovarmi di notte, di solito. La notte lui scriveva, io dormo. Mi guarda con quell'aria diretta, scontrosa, ironica. Appassionata anche, ma di uno che la passione la tiene ben nascosta dentro. "Ma icché ttu ffai" sembra dirmi. Che, per un fiorentino, è già una mezza sentenza. E allora io comincio a mettere su tutto un discorso, un ragionamento sensato che nelle mie intenzioni dovrebbe spiegare, argomentare, convincere. Ma le parole rimangono inafferrabili, bolle di un calderone che si formano e subito evaporano, e quanto più mi sforzo per farle venir fuori tanto meno quelle arrivano. Lui si allontana, scuotendo lievemente il capo. E io rimango lì, ormai sveglio, a domandarmi "icché fo": cosa diavolo sto facendo.
RADIO MAGIA
minimum fax, 2023
Pag. 139
Troppo giovani per aver fatto il Sessantotto, troppo introversi per partecipare al Settantasette, Toppa, Caio, il Gipo e un pugno di altri adolescenti passano le serate fra lunghe camminate e piccoli teppismi, delle cui conseguenze faticano anche soltanto a rendersi conto. Fino al giorno in cui si mettono in testa di far nascere una radio. La mancanza di fondi e di qualsiasi competenza tecnica non frenano il loro contagioso entusiasmo: raccogliendo ovunque dischi e idee, microfoni e pubblicità, animano quel sogno collettivo sotto la rassicurante guida del loro generale manager, certi di avere trovato la chiave per esprimere tutte le proprie qualità, potenzialmente infinite come le onde elettromagnetiche che diffonderanno le loro voci e le loro scelte musicali nell'etere. Dentro e fuori le mura di quella vecchia cantina, il futuro risplende come una promessa.
Rievocando con ironia e leggerezza un periodo della nostra storia in cui tutto sembrava possibile e tutto era sul punto di cambiare, Valerio Aiolli attraversa in Radio Magia quella soglia tra immaginazione e realtà che ognuno di noi prima o poi è chiamato a varcare, offrendoci un racconto che ci diverte, ci commuove e dà finalmente voce alla parte meno rappresentata di una generazione, quella che alla fine rimase afona e schiacciata dagli eventi. E che pure compì, con la goffaggine dei dilettanti, il suo maldestro apprendistato alla vita.
Comincia così:
Subito dopo cena avevo preso la bicicletta e in cinque minuti ero arrivato lì, in via della Torre. Il portone era aperto, non avevo neanche avuto bisogno di usare le chiavi. Mentre entravo nell'androne stretto e buio, con le cassette per la posta cosparse di adesivi invecchiati e di etichette sovrapposte, mi ero chiesto se avessimo ancora diritto di possederle, quelle chiavi. Cos'era ormai via della Torre, per noi? Non più la casa di Caputo. Non più, salvo quella sera, la sede di una radio. In un certo senso eravamo clandestini. L'importante però, almeno per quell'ultima volta, era esserci.
minimum fax, 2023
Pag. 139
Troppo giovani per aver fatto il Sessantotto, troppo introversi per partecipare al Settantasette, Toppa, Caio, il Gipo e un pugno di altri adolescenti passano le serate fra lunghe camminate e piccoli teppismi, delle cui conseguenze faticano anche soltanto a rendersi conto. Fino al giorno in cui si mettono in testa di far nascere una radio. La mancanza di fondi e di qualsiasi competenza tecnica non frenano il loro contagioso entusiasmo: raccogliendo ovunque dischi e idee, microfoni e pubblicità, animano quel sogno collettivo sotto la rassicurante guida del loro generale manager, certi di avere trovato la chiave per esprimere tutte le proprie qualità, potenzialmente infinite come le onde elettromagnetiche che diffonderanno le loro voci e le loro scelte musicali nell'etere. Dentro e fuori le mura di quella vecchia cantina, il futuro risplende come una promessa.
Rievocando con ironia e leggerezza un periodo della nostra storia in cui tutto sembrava possibile e tutto era sul punto di cambiare, Valerio Aiolli attraversa in Radio Magia quella soglia tra immaginazione e realtà che ognuno di noi prima o poi è chiamato a varcare, offrendoci un racconto che ci diverte, ci commuove e dà finalmente voce alla parte meno rappresentata di una generazione, quella che alla fine rimase afona e schiacciata dagli eventi. E che pure compì, con la goffaggine dei dilettanti, il suo maldestro apprendistato alla vita.
Comincia così:
Subito dopo cena avevo preso la bicicletta e in cinque minuti ero arrivato lì, in via della Torre. Il portone era aperto, non avevo neanche avuto bisogno di usare le chiavi. Mentre entravo nell'androne stretto e buio, con le cassette per la posta cosparse di adesivi invecchiati e di etichette sovrapposte, mi ero chiesto se avessimo ancora diritto di possederle, quelle chiavi. Cos'era ormai via della Torre, per noi? Non più la casa di Caputo. Non più, salvo quella sera, la sede di una radio. In un certo senso eravamo clandestini. L'importante però, almeno per quell'ultima volta, era esserci.
AMICI PER LA PELLE
Illustrato da Umberto & Lorenzo Fizialetti
Km Edizioni, 2022
Pag. 35
Trudy e Zebì non si sopportano, ma cosa succederebbe se un giorno le mamme decidessero di mandarli insieme nella savana piena di pericoli? Una divertente storia sull'unicità, sulla condivisione e sull'aiuto reciproco che mostra come a volte, per nascere, una bella amicizia debba essere solo incoraggiata.
Comincia così:
"Che ci fai con quel piumino spennacchiato" dice Trudy, la piccola struzzo, indicando la coda di Zebì, il cucciolo di zebra, "ci spolveri le tane dei grilli?".
Illustrato da Umberto & Lorenzo Fizialetti
Km Edizioni, 2022
Pag. 35
Trudy e Zebì non si sopportano, ma cosa succederebbe se un giorno le mamme decidessero di mandarli insieme nella savana piena di pericoli? Una divertente storia sull'unicità, sulla condivisione e sull'aiuto reciproco che mostra come a volte, per nascere, una bella amicizia debba essere solo incoraggiata.
Comincia così:
"Che ci fai con quel piumino spennacchiato" dice Trudy, la piccola struzzo, indicando la coda di Zebì, il cucciolo di zebra, "ci spolveri le tane dei grilli?".
X - UNA CACCIA
Tetra-, 2022
Pag. 82
Un analista militare è addestrato a raccogliere informazioni, studiarle e formulare giudizi atti a garantire la sicurezza nazionale e internazionale, prendere decisioni politiche e prepararsi a scenari di guerra. Più è bravo nel suo lavoro, meno vite saranno sacrificate. Nelle agenzie di intelligence operare in gruppo è però fondamentale ed è invece esclusiva di pochi muoversi soli e in completa autonomia, disponendo del maggior numero di dati possibili. X è il migliore tra tutti colori deputati ad agire in solitaria, ma ora, dopo molti incarichi, è divenuto una scheggia impazzita pronta a parlare: un cane sciolto che va assolutamente eliminato. Inizia così una serrata caccia all'uomo tra aeroporti e camere d'albergo.
In una narrazione sapientemente articolata si ripercorre, seguendo il racconto di vicende personali e oscuri segreti di Stato, il pedigree del protagonista, rivelando una profonda fascinazione per l'investigazione e per l'architettura del delinquere.
Comincia così:
Un rumore. Un rumore che sono tanti rumori. Come un crepitio di legni spezzati, e cento vele che si gonfiano tutte insieme. Mi rendo conto di essermi addormentato, apro gli occhi. Una colonna di sabbia bianca si inerpica verso il cielo e si sposta rapida da destra verso sinistra. Subito dietro c'è un ombrellone azzurro e giallo, sta a venti metri da terra. Poi cominciano a volare le brandine. Sono pesanti, in massello e tela cerata blu, costruite per resistere agli anni, al salmastro, ai venti. Non volano così in alto come gli ombrelloni - perché adesso ce ne sono altri tre o quattro di ombrelloni che volano - ma fanno brevi balzi di un metro o due, e non sai mai in quale direzione spiccherann quello successivo. Poi è a volta dei patini. Si impennano e ricadono e si impennano ancora.
Tetra-, 2022
Pag. 82
Un analista militare è addestrato a raccogliere informazioni, studiarle e formulare giudizi atti a garantire la sicurezza nazionale e internazionale, prendere decisioni politiche e prepararsi a scenari di guerra. Più è bravo nel suo lavoro, meno vite saranno sacrificate. Nelle agenzie di intelligence operare in gruppo è però fondamentale ed è invece esclusiva di pochi muoversi soli e in completa autonomia, disponendo del maggior numero di dati possibili. X è il migliore tra tutti colori deputati ad agire in solitaria, ma ora, dopo molti incarichi, è divenuto una scheggia impazzita pronta a parlare: un cane sciolto che va assolutamente eliminato. Inizia così una serrata caccia all'uomo tra aeroporti e camere d'albergo.
In una narrazione sapientemente articolata si ripercorre, seguendo il racconto di vicende personali e oscuri segreti di Stato, il pedigree del protagonista, rivelando una profonda fascinazione per l'investigazione e per l'architettura del delinquere.
Comincia così:
Un rumore. Un rumore che sono tanti rumori. Come un crepitio di legni spezzati, e cento vele che si gonfiano tutte insieme. Mi rendo conto di essermi addormentato, apro gli occhi. Una colonna di sabbia bianca si inerpica verso il cielo e si sposta rapida da destra verso sinistra. Subito dietro c'è un ombrellone azzurro e giallo, sta a venti metri da terra. Poi cominciano a volare le brandine. Sono pesanti, in massello e tela cerata blu, costruite per resistere agli anni, al salmastro, ai venti. Non volano così in alto come gli ombrelloni - perché adesso ce ne sono altri tre o quattro di ombrelloni che volano - ma fanno brevi balzi di un metro o due, e non sai mai in quale direzione spiccherann quello successivo. Poi è a volta dei patini. Si impennano e ricadono e si impennano ancora.
NERO ANANAS
Voland, 2019
Pag. 352
Tutto comincia un secondo dopo il botto. Il botto che ha cambiato l’Italia, che ha chiuso l’età dell’innocenza e aperto la strategia della
tensione. Il botto del 12 dicembre 1969, Piazza Fontana. Gli estremisti di destra, invisibili, si incontrano, commentano, ricordano, tramano.
Un anarchico si trascina di città in città, di nazione in nazione, di sconfitta in sconfitta, in attesa del momento del riscatto. Un politico,
così devoto da essere soprannominato il Pio, comincia la sua lenta ma inesorabile scalata al potere. Poi ci sono i servizi segreti che provano a capire, sapere, influenzare. E c’è un ragazzino, che quel giorno ha visto sparire sua sorella e farà di tutto per riuscire a ritrovarla. Quattro anni di destini intrecciati, di fughe, ritorni, di amore e di odio. Quattro anni incandescenti della storia d’Italia, dal 1969 al 1973, raccontati con precisione e sorprendente capacità evocativa.
Comincia così:
Sente l’odore della città ferita appena sceso dall’auto blu, nonostante abbia ancora un po’ di febbre, la tosse e il naso chiuso. È un odore di dicembre, di nebbia, di fiati. Di persiane serrate,
di bandiere listate a lutto. Di silenzio. Di mandorle amare. Di polvere, di sangue.
Voland, 2019
Pag. 352
Tutto comincia un secondo dopo il botto. Il botto che ha cambiato l’Italia, che ha chiuso l’età dell’innocenza e aperto la strategia della
tensione. Il botto del 12 dicembre 1969, Piazza Fontana. Gli estremisti di destra, invisibili, si incontrano, commentano, ricordano, tramano.
Un anarchico si trascina di città in città, di nazione in nazione, di sconfitta in sconfitta, in attesa del momento del riscatto. Un politico,
così devoto da essere soprannominato il Pio, comincia la sua lenta ma inesorabile scalata al potere. Poi ci sono i servizi segreti che provano a capire, sapere, influenzare. E c’è un ragazzino, che quel giorno ha visto sparire sua sorella e farà di tutto per riuscire a ritrovarla. Quattro anni di destini intrecciati, di fughe, ritorni, di amore e di odio. Quattro anni incandescenti della storia d’Italia, dal 1969 al 1973, raccontati con precisione e sorprendente capacità evocativa.
Comincia così:
Sente l’odore della città ferita appena sceso dall’auto blu, nonostante abbia ancora un po’ di febbre, la tosse e il naso chiuso. È un odore di dicembre, di nebbia, di fiati. Di persiane serrate,
di bandiere listate a lutto. Di silenzio. Di mandorle amare. Di polvere, di sangue.
IL CARTEGGIO BELLOSGUARDO
Henry James e Constance F. Woolson: frammenti di una storia
ItaloSvevo Edizioni, 2017
Pag. 76
Una giovane scrittrice americana, nipote di uno dei padri di quella letteratura, si invaghisce del grande Henry James. Con grazia lo insidia, gli scrive, finché lui un po' si concede, almeno in parte. Così nelle ville che da Bellosguardo si affacciano su Firenze nasce un amore che non verrà mai realmente consumato. Ma che finirà per attraversare, se così possiamo dire, i carteggi che i due protagonisti si scambiano, entrare nelle loro opere e diventare letteratura. Questo racconto lo ripercorre, come nei frammenti del discorso di Roland Barthes, come l'archetipo di quelle passioni sospese e mai vissute.
Comincia così:
Dalla finestra della cucina vedo la collina. Il mio sguardo deve volgersi verso l'alto ma non troppo, abito al quinto piano. La collina è piena di alberi di diversi tipi. Distinguo pini, cipressi olivi, ma ce ne sono molti altri, ciascuno con la sua tonalità di verde.
Henry James e Constance F. Woolson: frammenti di una storia
ItaloSvevo Edizioni, 2017
Pag. 76
Una giovane scrittrice americana, nipote di uno dei padri di quella letteratura, si invaghisce del grande Henry James. Con grazia lo insidia, gli scrive, finché lui un po' si concede, almeno in parte. Così nelle ville che da Bellosguardo si affacciano su Firenze nasce un amore che non verrà mai realmente consumato. Ma che finirà per attraversare, se così possiamo dire, i carteggi che i due protagonisti si scambiano, entrare nelle loro opere e diventare letteratura. Questo racconto lo ripercorre, come nei frammenti del discorso di Roland Barthes, come l'archetipo di quelle passioni sospese e mai vissute.
Comincia così:
Dalla finestra della cucina vedo la collina. Il mio sguardo deve volgersi verso l'alto ma non troppo, abito al quinto piano. La collina è piena di alberi di diversi tipi. Distinguo pini, cipressi olivi, ma ce ne sono molti altri, ciascuno con la sua tonalità di verde.
LO STESSO VENTO
Voland, 2016
Pag. 159
Firenze, 1940. Fausto è apprendista operaio, Adriana la figlia sedicenne di un piccolo borghese dalle simpatie fasciste. Dopo la fine della guerra sognano di sposarsi e trasferirsi in Germania.
Una sera lui le fa un regalo inusuale: un ventilatore prodotto nella fabbrica in cui lavora. Superata l'iniziale delusione di Adriana, l'oggetto diventa il simbolo dell'inizio della loro vita insieme.
Lo stesso vento è la storia di Fausto e Adriana, ma anche di Peppe e Bianca, di Vittorio e Francesca, di Guido e Andrea, tutti legati dal ventilatore, che passa di mano in mano acquistando significati differenti e inserendo i vari personaggi in una stessa mappa narrativa.
Con stile asciutto ed evocativo, attraversando gli eventi topici del '900 (la Seconda guerra mondiale, il '68, la caduta del Muro di Berlino), il romanzo racconta la sgangherata geometria dei rapporti umani.
Comincia così:
Fausto cammina nel tardo pomeriggio come se non gli fosse rimasto nient'altro da fare. Si guarda le scarpe e si sente stanco, ma continua a camminare. Tutta quella gente che gli formicola intorno lo opprime. Cammina e tiene fisso verso terra il volto cavallino e vecchio.
Voland, 2016
Pag. 159
Firenze, 1940. Fausto è apprendista operaio, Adriana la figlia sedicenne di un piccolo borghese dalle simpatie fasciste. Dopo la fine della guerra sognano di sposarsi e trasferirsi in Germania.
Una sera lui le fa un regalo inusuale: un ventilatore prodotto nella fabbrica in cui lavora. Superata l'iniziale delusione di Adriana, l'oggetto diventa il simbolo dell'inizio della loro vita insieme.
Lo stesso vento è la storia di Fausto e Adriana, ma anche di Peppe e Bianca, di Vittorio e Francesca, di Guido e Andrea, tutti legati dal ventilatore, che passa di mano in mano acquistando significati differenti e inserendo i vari personaggi in una stessa mappa narrativa.
Con stile asciutto ed evocativo, attraversando gli eventi topici del '900 (la Seconda guerra mondiale, il '68, la caduta del Muro di Berlino), il romanzo racconta la sgangherata geometria dei rapporti umani.
Comincia così:
Fausto cammina nel tardo pomeriggio come se non gli fosse rimasto nient'altro da fare. Si guarda le scarpe e si sente stanco, ma continua a camminare. Tutta quella gente che gli formicola intorno lo opprime. Cammina e tiene fisso verso terra il volto cavallino e vecchio.
IL RAGAZZO CHE VI GUARDA
Firenze Leonardo Edizioni (Clichy), 2016
Pag. 62 - con una nota di Sergio Risaliti
All'interno della basilica di Santo Spirito, in mezzo al quartiere più popolare e internazionale di Firenze, c'è un ragazzo che guarda tutto e tutti raccontandoci, mentre parla di sé, chi siamo stati e cosa siamo diventati. Guarda i turisti che affollano i tavolini all'aperto per colazioni e aperitivi, i fiorentini che accorrono per il mercatino la domenica; guarda, e ha guardato, le trasformazioni che ha subito la piazza nel corso degli anni, dei decenni, dei secoli.
Perché il ragazzo è lì da molto tempo, da quando la chiesa era stata appena finita di costruire. Ed è lì grazie all'incontro speciale e irripetibile con un giovane artista, un Maestro, che di lì a poco sarebbe stato riconosciuto in tutto il mondo come un genio.
Comincia così:
Sono il ragazzo morto e vi guardo tutti quanti, voi che vi credete di esser vivi.
Firenze Leonardo Edizioni (Clichy), 2016
Pag. 62 - con una nota di Sergio Risaliti
All'interno della basilica di Santo Spirito, in mezzo al quartiere più popolare e internazionale di Firenze, c'è un ragazzo che guarda tutto e tutti raccontandoci, mentre parla di sé, chi siamo stati e cosa siamo diventati. Guarda i turisti che affollano i tavolini all'aperto per colazioni e aperitivi, i fiorentini che accorrono per il mercatino la domenica; guarda, e ha guardato, le trasformazioni che ha subito la piazza nel corso degli anni, dei decenni, dei secoli.
Perché il ragazzo è lì da molto tempo, da quando la chiesa era stata appena finita di costruire. Ed è lì grazie all'incontro speciale e irripetibile con un giovane artista, un Maestro, che di lì a poco sarebbe stato riconosciuto in tutto il mondo come un genio.
Comincia così:
Sono il ragazzo morto e vi guardo tutti quanti, voi che vi credete di esser vivi.
IL SONNAMBULO
Gaffi, 2014
Pag. 255
"Il sonnambulo è un romanzo che indaga e racconta con straordinaria efficacia narrativa la deriva etica del potere italiano. Siamo – come sempre nei romanzi di Aiolli – nella profonda provincia, nei gangli sonnacchiosi e spietati di un’economia corrotta, malata, sempre sul punto di cadere. Il romanzo è ambientato nel 1992, anno cruciale della storia nazionale: quello di tangentopoli, ovvero della presa d’atto che i sogni del dopoguerra si sono irreversibilmente trasformati in incubi. Leonardo, direttore generale dell’Alutec, scopre un’improvvisa accelerazione del tempo. Gli eventi ormai lo dominano. Il “sistema” sta crollando, e l’abbraccio mortale tra economia pubblica e politica sta mostrando tutti i suoi limiti. Leonardo aspira alla presidenza della società, ma troppi grovigli esistenziali lo stanno stritolando. Paola, la moglie, si dissolve in una sterile nebbia. La stessa cosa accade a Monica, la sua segretaria. Rimane Carla, una giovane stagista di cui Leonardo s’innamora, e che tiene in piedi un atroce rimpianto per quel che si era prima di rimanere abbagliati da un’ambizione menzognera. Il romanzo di Aiolli mostra con sapiente realismo la radice nascosta della “crisi italiana”, l’impotenza e l’angoscia di un benessere ammalato di idealismi abortiti e di troppa intelligenza piegata alle contorte logiche del potere." Andrea Di Consoli
Comincia così:
Giugno era scoppiato come un temporale atteso troppo a lungo. Fiocchi lanuginosi ti si infilavano nel naso, nugoli di zanzare all'ora del tramonto risalivano le strette vie in pendenza di Francavilla, dalle rive del Sele quasi in secca su su fino alla sommità della collina, per arrivare a succhiar sangue a tutti gli avvocati, commercialisti, notai proprietari immobiliari, giornalisti del Gazzettino e dirigenti Alutec che l'avevano a loro volta succhiato ai loro clienti, inquilini o dipendenti per tutta la giornata, e che si riunivano per l'aperitivo al Caffè dell'Orologio.
Gaffi, 2014
Pag. 255
"Il sonnambulo è un romanzo che indaga e racconta con straordinaria efficacia narrativa la deriva etica del potere italiano. Siamo – come sempre nei romanzi di Aiolli – nella profonda provincia, nei gangli sonnacchiosi e spietati di un’economia corrotta, malata, sempre sul punto di cadere. Il romanzo è ambientato nel 1992, anno cruciale della storia nazionale: quello di tangentopoli, ovvero della presa d’atto che i sogni del dopoguerra si sono irreversibilmente trasformati in incubi. Leonardo, direttore generale dell’Alutec, scopre un’improvvisa accelerazione del tempo. Gli eventi ormai lo dominano. Il “sistema” sta crollando, e l’abbraccio mortale tra economia pubblica e politica sta mostrando tutti i suoi limiti. Leonardo aspira alla presidenza della società, ma troppi grovigli esistenziali lo stanno stritolando. Paola, la moglie, si dissolve in una sterile nebbia. La stessa cosa accade a Monica, la sua segretaria. Rimane Carla, una giovane stagista di cui Leonardo s’innamora, e che tiene in piedi un atroce rimpianto per quel che si era prima di rimanere abbagliati da un’ambizione menzognera. Il romanzo di Aiolli mostra con sapiente realismo la radice nascosta della “crisi italiana”, l’impotenza e l’angoscia di un benessere ammalato di idealismi abortiti e di troppa intelligenza piegata alle contorte logiche del potere." Andrea Di Consoli
Comincia così:
Giugno era scoppiato come un temporale atteso troppo a lungo. Fiocchi lanuginosi ti si infilavano nel naso, nugoli di zanzare all'ora del tramonto risalivano le strette vie in pendenza di Francavilla, dalle rive del Sele quasi in secca su su fino alla sommità della collina, per arrivare a succhiar sangue a tutti gli avvocati, commercialisti, notai proprietari immobiliari, giornalisti del Gazzettino e dirigenti Alutec che l'avevano a loro volta succhiato ai loro clienti, inquilini o dipendenti per tutta la giornata, e che si riunivano per l'aperitivo al Caffè dell'Orologio.
ALI DI SABBIA
Alet, 2007
Pag. 188
Libia 1911. L’Italia muove alla conquista della prima grande colonia africana. Un giovane tenente con la passione del volo si unisce alla spedizione, mentre a casa Lucia lo aspetta. Nel caldo asfissiante delle trincee scavate nella sabbia e nella solitudine indolente di un fortino accerchiato, il tenente immagina di scrivere all’amata lettere che non potrà mai spedire. Stanco di sognare e vinto dalla nostalgia, per una sola notte cede al desiderio tra le braccia di una donna vittima come lui dell’estenuante atmosfera del deserto.
Libia 1940. La colonia italiana è ormai una realtà che va difesa con le nuove forze dell’aria. Italo Balbo, l’eroe dei cieli, e il suo secondo pilota sono i paladini della missione. Ma chi è veramente quel pilota gracile che ha un’elica al posto del cuore? Cresciuto da Lucia, venerato come il marito che non ha mai potuto abbracciare, quel pilota è il frutto di un’unica notte, eredità e dono di una donna che un giorno si presentò a Lucia con un fagotto in braccio e una scatola di latta ricolma di lettere mai spedite.
La dedizione di un’amata a cui fu promessa una vita insieme, la passione di un’amante che rapisce con uno sguardo. Il mito alato di un salvatore della patria e il destino di un ragazzo che realizzò senza saperlo la passione del padre. Vicende personali e collettive di una generazione di italiani che soffrirono e sacrificarono le proprie esistenze in nome di un’Italia che altri avevano immaginato per loro.
Comincia così:
Mi è toccato scriverglielo, a Badoglio. Il generale, il capo di stato maggiore del Duce. Ti mando settantaquattro di questi pezzi anticarro, dice. E settantaquattro ne arrivano, però poi c'è la bella sorpresa che diciotto non li possiamo montare perché i numeri di matricola non corrispondono, e altri quarantanove li montiamo, solo che mancano gli strumenti di puntamento, e così alla fine i pezzi che possiamo utilizzare sono sette. Ti mando i perforanti da venti, dice. Che sono la cosa che più ci serve, i perforanti da venti, però poi quando arrivano gli aerei e andiamo a spacchettare c'è la bella sorpresa che troviamo i perforanti da sessantacinque e contraerei da venti, e dei perforanti da venti neanche l'ombra, cristo.
Alet, 2007
Pag. 188
Libia 1911. L’Italia muove alla conquista della prima grande colonia africana. Un giovane tenente con la passione del volo si unisce alla spedizione, mentre a casa Lucia lo aspetta. Nel caldo asfissiante delle trincee scavate nella sabbia e nella solitudine indolente di un fortino accerchiato, il tenente immagina di scrivere all’amata lettere che non potrà mai spedire. Stanco di sognare e vinto dalla nostalgia, per una sola notte cede al desiderio tra le braccia di una donna vittima come lui dell’estenuante atmosfera del deserto.
Libia 1940. La colonia italiana è ormai una realtà che va difesa con le nuove forze dell’aria. Italo Balbo, l’eroe dei cieli, e il suo secondo pilota sono i paladini della missione. Ma chi è veramente quel pilota gracile che ha un’elica al posto del cuore? Cresciuto da Lucia, venerato come il marito che non ha mai potuto abbracciare, quel pilota è il frutto di un’unica notte, eredità e dono di una donna che un giorno si presentò a Lucia con un fagotto in braccio e una scatola di latta ricolma di lettere mai spedite.
La dedizione di un’amata a cui fu promessa una vita insieme, la passione di un’amante che rapisce con uno sguardo. Il mito alato di un salvatore della patria e il destino di un ragazzo che realizzò senza saperlo la passione del padre. Vicende personali e collettive di una generazione di italiani che soffrirono e sacrificarono le proprie esistenze in nome di un’Italia che altri avevano immaginato per loro.
Comincia così:
Mi è toccato scriverglielo, a Badoglio. Il generale, il capo di stato maggiore del Duce. Ti mando settantaquattro di questi pezzi anticarro, dice. E settantaquattro ne arrivano, però poi c'è la bella sorpresa che diciotto non li possiamo montare perché i numeri di matricola non corrispondono, e altri quarantanove li montiamo, solo che mancano gli strumenti di puntamento, e così alla fine i pezzi che possiamo utilizzare sono sette. Ti mando i perforanti da venti, dice. Che sono la cosa che più ci serve, i perforanti da venti, però poi quando arrivano gli aerei e andiamo a spacchettare c'è la bella sorpresa che troviamo i perforanti da sessantacinque e contraerei da venti, e dei perforanti da venti neanche l'ombra, cristo.
FUORI TEMPO
Rizzoli, 2004
Pag. 253
Può l'amore sbocciare quando sembra troppo tardi? Può la passione balzare fuori dal cassetto in cui è stata confinata? Quando, per dirla tutta, la vita riserva solo grame sorprese? Sarebbe interessante chiederlo a Emma, mamma di due figlie diverse in tutto e nonna in carriera di tre nipotini (un nipotino e due nipotine per la precisione, arruffapopoli, intelligenti e scatenati), moglie abbandonata da un marito che vuole sentirsi troppo giovane per la sua età e maestra sulla via della pensione in una classe di svogliati adolescenti. Lei ha incontrato Del (o Dal?) Pozzo agli Uffizi, figuriamoci, durante un'escursione culturale con i suoi studenti. Pioveva pure e dopo un battibecco se n'è andato senza salutare... Ma non sarebbe male nemmeno chiederlo a lui, vedovo, recluso volontariamente in casa della sorella (single da una vita) e in pessimi rapporti con il figlio e il fratello. Passa le giornate tra l'università e il suo studio cercando di scrivere un libro a quattro mani con il suo mentore, che però muore troppo presto. La situazione è drammatica. Per fortuna a volte basta modificare un elemento e la composizione chimica non solo cambia, ma diventa incandescente. E imprevedibile. Laura, la figlia maggiore di Emma, torna dagli Stati Uniti senza un posto dove dormire, se non in casa con tutti gli altri. Questa è la goccia che fa traboccare il vaso. Come se non bastassero una rivolta popolare contro un campo nomadi, un epocale picnic familiare sull'erba, un fratello ritrovato, una roulotte in affitto, un coniuge tranquillo che uccide in orari d'ufficio, relazioni pericolose fra cognati, ex mariti che tornano da chissà dove e piccole eccezionali dissonanze quotidiane raccontate con precisione acuminata da un Aiolli in grande forma. Quando si è Fuori tempo la felicità è l'unica vera trasgressione.
Comincia così:
"Cioè?" dice la laureanda col piercing a forma di cono sotto il labbro inferiore.
Rizzoli, 2004
Pag. 253
Può l'amore sbocciare quando sembra troppo tardi? Può la passione balzare fuori dal cassetto in cui è stata confinata? Quando, per dirla tutta, la vita riserva solo grame sorprese? Sarebbe interessante chiederlo a Emma, mamma di due figlie diverse in tutto e nonna in carriera di tre nipotini (un nipotino e due nipotine per la precisione, arruffapopoli, intelligenti e scatenati), moglie abbandonata da un marito che vuole sentirsi troppo giovane per la sua età e maestra sulla via della pensione in una classe di svogliati adolescenti. Lei ha incontrato Del (o Dal?) Pozzo agli Uffizi, figuriamoci, durante un'escursione culturale con i suoi studenti. Pioveva pure e dopo un battibecco se n'è andato senza salutare... Ma non sarebbe male nemmeno chiederlo a lui, vedovo, recluso volontariamente in casa della sorella (single da una vita) e in pessimi rapporti con il figlio e il fratello. Passa le giornate tra l'università e il suo studio cercando di scrivere un libro a quattro mani con il suo mentore, che però muore troppo presto. La situazione è drammatica. Per fortuna a volte basta modificare un elemento e la composizione chimica non solo cambia, ma diventa incandescente. E imprevedibile. Laura, la figlia maggiore di Emma, torna dagli Stati Uniti senza un posto dove dormire, se non in casa con tutti gli altri. Questa è la goccia che fa traboccare il vaso. Come se non bastassero una rivolta popolare contro un campo nomadi, un epocale picnic familiare sull'erba, un fratello ritrovato, una roulotte in affitto, un coniuge tranquillo che uccide in orari d'ufficio, relazioni pericolose fra cognati, ex mariti che tornano da chissà dove e piccole eccezionali dissonanze quotidiane raccontate con precisione acuminata da un Aiolli in grande forma. Quando si è Fuori tempo la felicità è l'unica vera trasgressione.
Comincia così:
"Cioè?" dice la laureanda col piercing a forma di cono sotto il labbro inferiore.
A ROTTA DI COLLO
Edizioni e/o, 2002
Pag. 215
Un trentenne né tossico, né ombelicale, che non si identifica nella sua generazione, volatile ed elusivo quanto il suo nome Elio, è il protagonista di questa commedia amara e divertente, un po' giallo, un po' denuncia politica e critica del costume, ma che essenzialmente sfugge al genere.
Sotto l'abito di una pseudo e instabile medietà che muove al sorriso e alla commozione, Elio resiste cocciutamente, senza compiaciute esibizioni ma con svagata e ironica leggerezza, mentre attorno a lui tutto sfugge come una manciata di sabbia. A un anno di vita ha perso i genitori, ora va perdendo, uno dopo l'altro, la ragazza, l'amante, il lavoro, le poche certezze ideali, gli stessi affetti più cari, addirittura i sogni nel cassetto. Non è un caso che il suo sport preferito sia il ciclismo, simbolo dell'eroe solitario e umile chiuso nel suo sforzo dannato e glorioso verso il traguardo.
Il romanzo di Aiolli è una corsa a tappe spesso in salita e a volte planante in leggere e irresistibili volate. Il lettore trainato da un ritmo incalzante, da una scrittura vivace e svelta, ma anche esattissima e sapiente, avanza a rotta di collo verso il misterioso traguardo.
Comincia così:
"Ultimi trecento metri". Non è poi così male, il mio lavoro. "Merckx, Ocana!". Ha i suoi lati negativi, certo. "Lo sprint è lanciato!". Quale lavoro, non ha lati negativi. "Lo scatto di Maertens!". Lati molto negativi, d'accordo. "Lo affianca Gimondi!". Ma ne ha anche di positivi, bisogna ammetterlo. "Gimondi!". Una certa libertà di azione, per così dire. "Gimondi! Gimondi!! Gimondi!!!". O la possibilità di farmi gli affari miei, per dirlo con altre parole. "E' Campione del Mondo!!! Felice Gimondi è Campione del Mondo!!!". Un lavoro che farei bene a tenermi stretto, se mi interessasse continuare a potermi permettere pomeriggi come questo, che me ne sto sdraiato in mutande sul mio divano bon-bon a spillare da una cannuccia una Coca Cola tiepida e a guardare e riguardare la cassetta della vittoria di Gimondi al Mondiale del 1973, circuito del Montjuich, Barcellona, Spagna.
Edizioni e/o, 2002
Pag. 215
Un trentenne né tossico, né ombelicale, che non si identifica nella sua generazione, volatile ed elusivo quanto il suo nome Elio, è il protagonista di questa commedia amara e divertente, un po' giallo, un po' denuncia politica e critica del costume, ma che essenzialmente sfugge al genere.
Sotto l'abito di una pseudo e instabile medietà che muove al sorriso e alla commozione, Elio resiste cocciutamente, senza compiaciute esibizioni ma con svagata e ironica leggerezza, mentre attorno a lui tutto sfugge come una manciata di sabbia. A un anno di vita ha perso i genitori, ora va perdendo, uno dopo l'altro, la ragazza, l'amante, il lavoro, le poche certezze ideali, gli stessi affetti più cari, addirittura i sogni nel cassetto. Non è un caso che il suo sport preferito sia il ciclismo, simbolo dell'eroe solitario e umile chiuso nel suo sforzo dannato e glorioso verso il traguardo.
Il romanzo di Aiolli è una corsa a tappe spesso in salita e a volte planante in leggere e irresistibili volate. Il lettore trainato da un ritmo incalzante, da una scrittura vivace e svelta, ma anche esattissima e sapiente, avanza a rotta di collo verso il misterioso traguardo.
Comincia così:
"Ultimi trecento metri". Non è poi così male, il mio lavoro. "Merckx, Ocana!". Ha i suoi lati negativi, certo. "Lo sprint è lanciato!". Quale lavoro, non ha lati negativi. "Lo scatto di Maertens!". Lati molto negativi, d'accordo. "Lo affianca Gimondi!". Ma ne ha anche di positivi, bisogna ammetterlo. "Gimondi!". Una certa libertà di azione, per così dire. "Gimondi! Gimondi!! Gimondi!!!". O la possibilità di farmi gli affari miei, per dirlo con altre parole. "E' Campione del Mondo!!! Felice Gimondi è Campione del Mondo!!!". Un lavoro che farei bene a tenermi stretto, se mi interessasse continuare a potermi permettere pomeriggi come questo, che me ne sto sdraiato in mutande sul mio divano bon-bon a spillare da una cannuccia una Coca Cola tiepida e a guardare e riguardare la cassetta della vittoria di Gimondi al Mondiale del 1973, circuito del Montjuich, Barcellona, Spagna.
LUCE PROFUGA
Edizioni e/o, 2001
Pag. 155
Accolto con ammirazione da scrittori e critici come Antonio Tabucchi sul Corriere della Sera e Stefano Giovanardi su La Repubblica, vincitore del Premio Fiesole, il primo romanzo di Valerio Aiolli, Io e mio fratello, ha sorpreso per la capacità di raccontare un pezzo di storia d'Italia a partire dallo sguardo di un bambino sulla propria vita familiare.
Questo talento particolare di dipingere il quadro a partire dal dettaglio (che Tabucchi nella sua recensione ci aveva messo in guardia dal ridurre a minimalismo), lo ritroviamo nel nuovo romanzo, Luce profuga.
Pietro riceve in eredità dal padre una ditta - vendita di legno - stretta tra difficoltà finanziarie e trasformazioni del mercato. Con riluttanza la prende in mano. La sua crisi non è solo professionale, ma umana. E' separato, trascorre qualche pomeriggio noioso con il figlioletto Simone, va dalla "psaico", non sa prendere decisioni o teme di prenderle sbagliate, ha un segreto che lo tormenta. Un prete che legge Brandys e Kierkegaard risponde alla sua richiesta di aiuto ("Fammi fare qualcosa. Fammi aiutare i bambini o i vecchietti...") portandogli in ditta un rifugiato bosniaco. Goran - è il nome dell'immigrato - sconvolgerà il suo già dissestato equilibrio nel lavoro e nella vita privata. Mentre nell'opprimente paesaggio della piana di Sesto Fiorentino si levano i proclami razzisti di Radio Madison, Pietro e i suoi dipendenti dovranno confrontarsi con quest'uomo venuto da un mondo sconosciuto e minaccioso. Pietro dovrà anche fare i conti con il proprio segreto e infine decidere cosa fare, da che parte stare nel doore del mondo.
Comincia così:
Avete presente il pomeriggio d'inverno nella piana di Sesto Fiorentino, con la via provinciale già intasata in tutti e due i sensi di marcia ancor prima dell'ora di chiusura delle fabbriche e il puzzo dei gas di scarico che si infiltra anche attraverso le finestre chiuse? Pietro era lì, da un'ora stava controllando le fatture insieme a Giusy, erano più o meno a metà. Nel piazzale gli operai avevano appena finito di scaricare l'autotreno delle assi di abete proveniente dall'Austria, così ora si vedeva di nuovo il cielo. Uno stretto rettangolo di cielo dentro il quale le nuvole si impastavano di vento.
Edizioni e/o, 2001
Pag. 155
Accolto con ammirazione da scrittori e critici come Antonio Tabucchi sul Corriere della Sera e Stefano Giovanardi su La Repubblica, vincitore del Premio Fiesole, il primo romanzo di Valerio Aiolli, Io e mio fratello, ha sorpreso per la capacità di raccontare un pezzo di storia d'Italia a partire dallo sguardo di un bambino sulla propria vita familiare.
Questo talento particolare di dipingere il quadro a partire dal dettaglio (che Tabucchi nella sua recensione ci aveva messo in guardia dal ridurre a minimalismo), lo ritroviamo nel nuovo romanzo, Luce profuga.
Pietro riceve in eredità dal padre una ditta - vendita di legno - stretta tra difficoltà finanziarie e trasformazioni del mercato. Con riluttanza la prende in mano. La sua crisi non è solo professionale, ma umana. E' separato, trascorre qualche pomeriggio noioso con il figlioletto Simone, va dalla "psaico", non sa prendere decisioni o teme di prenderle sbagliate, ha un segreto che lo tormenta. Un prete che legge Brandys e Kierkegaard risponde alla sua richiesta di aiuto ("Fammi fare qualcosa. Fammi aiutare i bambini o i vecchietti...") portandogli in ditta un rifugiato bosniaco. Goran - è il nome dell'immigrato - sconvolgerà il suo già dissestato equilibrio nel lavoro e nella vita privata. Mentre nell'opprimente paesaggio della piana di Sesto Fiorentino si levano i proclami razzisti di Radio Madison, Pietro e i suoi dipendenti dovranno confrontarsi con quest'uomo venuto da un mondo sconosciuto e minaccioso. Pietro dovrà anche fare i conti con il proprio segreto e infine decidere cosa fare, da che parte stare nel doore del mondo.
Comincia così:
Avete presente il pomeriggio d'inverno nella piana di Sesto Fiorentino, con la via provinciale già intasata in tutti e due i sensi di marcia ancor prima dell'ora di chiusura delle fabbriche e il puzzo dei gas di scarico che si infiltra anche attraverso le finestre chiuse? Pietro era lì, da un'ora stava controllando le fatture insieme a Giusy, erano più o meno a metà. Nel piazzale gli operai avevano appena finito di scaricare l'autotreno delle assi di abete proveniente dall'Austria, così ora si vedeva di nuovo il cielo. Uno stretto rettangolo di cielo dentro il quale le nuvole si impastavano di vento.
IO E MIO FRATELLO
Edizioni e/o, 1999
Pag. 157
"La suora mi voleva dare una Ferrari rossa, grandissima, ma io non la volevo neanche toccare, perché se la toccavo mi voltavo e se mi voltavo non potevo più guardare la mamma...". E' il primo giorno di asilo del bambino che racconta questa storia con una voce che ci incanta, ci diverte e ci commuove.
Nel 1966, in novembre, Firenze fu invasa dalle acque dell'Arno. Le strade e le case rimasero marchiate dal fango per lungo tempo. Fu l'anno in cui il padre del bambino si giocò il tutto per tutto nella costruzione di un palazzo alla periferia della città. Fu l'anno in cui la madre del bambino si invaghì del signor Gianni. Fu l'anno in cui il padre se ne andò di casa. Fu l'anno in cui il bambino ritrovò e riperse suo fratello. E, forse per la prima volta, vide se stesso.
Sullo sfondo un'Italia che sta cambiando e ancora non se ne accorge.
Comincia così:
"Vediamo questa volta di non fare scherzi" dice il babbo prima di uscire con la borsa di cuoio magra e il giubbotto verde. Pensa all'asilo delle suore.
Edizioni e/o, 1999
Pag. 157
"La suora mi voleva dare una Ferrari rossa, grandissima, ma io non la volevo neanche toccare, perché se la toccavo mi voltavo e se mi voltavo non potevo più guardare la mamma...". E' il primo giorno di asilo del bambino che racconta questa storia con una voce che ci incanta, ci diverte e ci commuove.
Nel 1966, in novembre, Firenze fu invasa dalle acque dell'Arno. Le strade e le case rimasero marchiate dal fango per lungo tempo. Fu l'anno in cui il padre del bambino si giocò il tutto per tutto nella costruzione di un palazzo alla periferia della città. Fu l'anno in cui la madre del bambino si invaghì del signor Gianni. Fu l'anno in cui il padre se ne andò di casa. Fu l'anno in cui il bambino ritrovò e riperse suo fratello. E, forse per la prima volta, vide se stesso.
Sullo sfondo un'Italia che sta cambiando e ancora non se ne accorge.
Comincia così:
"Vediamo questa volta di non fare scherzi" dice il babbo prima di uscire con la borsa di cuoio magra e il giubbotto verde. Pensa all'asilo delle suore.
MALE AI PIEDI
Cesati, 1995
Pag. 88
Racconti
Comincia così:
E giocano in cinque, pestano l'erba che spunta dagli interstizi, irregolari intervalli tra i lastroni di ghiaia precompressa. Come da pergola sovrastati da un filare di spine d'acciaio che cedevole, a tratti, si getta in un grappolo a terra. Ma non da questo lato, di là, di là da quel muro. Dal muro dove è appoggiata la piccola Kordula, concentrata a districare la ruota del suo monopattino da uno scalino di cemento dentellato.
Cesati, 1995
Pag. 88
Racconti
Comincia così:
E giocano in cinque, pestano l'erba che spunta dagli interstizi, irregolari intervalli tra i lastroni di ghiaia precompressa. Come da pergola sovrastati da un filare di spine d'acciaio che cedevole, a tratti, si getta in un grappolo a terra. Ma non da questo lato, di là, di là da quel muro. Dal muro dove è appoggiata la piccola Kordula, concentrata a districare la ruota del suo monopattino da uno scalino di cemento dentellato.
Traduzioni
PAESI BASSI
KORT ITALIAANS
(racconto: L'occhio)
Wereldbibliotheek, 2005
KORT ITALIAANS
(racconto: L'occhio)
Wereldbibliotheek, 2005